Archivi tag: Matteo Richetti

Lettera aperta di Matteo Richetti a Matteo Renzi

Matteo Renzi e Matteo Richetti

… “Non stare a guardare. Perché vedi Matteo, abbiamo sottovalutato la capacità di resistenza delle dirigenze locali al cambiamento. Che certo deve avvenire con processi democratici e partecipati ma che noi dobbiamo supportare. Quante persone che ci hanno accompagnato e sostenuto sono state lasciate sulla porta o addirittura fuori dal Pd? …
… Ci sono ancora troppi potentati locali che resistono. Sia chiaro, le cose si conquistano, ma le contraddizioni sui territori hanno un peso anche sulla credibilità complessiva del Pd ” …

Caro Matteo,
io credo che non ci siano mai tempi e modi sbagliati per l’amicizia. Anche l’amicizia politica. Mi hanno rinfacciato l’errore di tempi e modi sbagliati circa le mie recenti riflessioni sul partito. E allora prendo carta e penna e provo, senza giornali e tv, a chiarire le preoccupazioni che animano questo tempo e il mio impegno, direttamente, ma anche apertamente, a te.

Così sgombriamo il campo dalle ridicole (o misere) ricostruzioni retroscenistiche che proprio non riusciamo ad evitare: “Richetti contro Renzi”, “Richetti varca il Rubicone”, “i cattodem, cattorenziani, diversamente renziani” e tutte le baggianate scritte e inventate.

Abbiamo fatto insieme il pezzo di strada più entusiasmante del mio impegno politico e di questo non posso che essertene grato.

Ancora oggi sono profondamente convinto del sostegno e del contributo all’azione di Governo che stai guidando. Puoi immaginare la soddisfazione di vedere prendere forma alle cose che spesso, anche la domenica pomeriggio o nei giorni di riposo, abbiamo tratteggiato tra Palazzo Vecchio e qualche sede di fortuna trovata qua e là in giro per l’Italia.

Io, poi, ho avuto la fortuna di vedere sgorgare tutto questo dalla sorgente. Ho avuto la fortuna di sentire da vicino la passione e l’incredibile determinazione che ti hanno sempre mosso. Nessuno come me sa che non c’è finzione e improvvisazione nel tuo modo di essere. Qualcuno può pensare che Renzi che parla di bellezza sia un attore che “liscia il pelo” al Paese: io so che chiunque abbia varcato il portone di Palazzo Vecchio, prima del motivo dell’incontro si è beccato il Sindaco che, volere o volare, non conteneva il suo amore per il Vasari, la Battaglia di Anghiari o quel dipinto che stava alle spalle della tua scrivania e i cui dettagli non mancavi di spiegarmi ogni volta. Nessuno come me sa che Renzi che ragiona su democrazia, istituzioni e Costituzione non lo fa con leggerezza e disinvoltura: tante volte ti sei perso nel raccontare l’onere non cronologico del succedere a sindaci come Giorgio La Pira e come di questa considerazione fosse intriso il tuo impegno.

Ho conosciuto il Matteo Renzi che non sopportava tattica e furbizia, doppiezza e falsità. Per questo mi ostino a non usarne con te.

Hai portato il Partito Democratico ad un consenso insperato e inaspettato. Si può arretrare solo se adesso non siamo all’altezza delle aspettative. I nostri elettori, le persone che spendono energie e passione nel partito, i tanti bravi amministratori locali sono pronti a fare la propria parte nella costruzione del nuovo: nuova classe dirigente, nuovo orizzonte, nuovo linguaggio, nuova idea di politica e servizio. Non basta gettare tutto in pasto alle primarie, che non hanno poteri taumaturgici in sé. Noi abbiamo l’onere di sostenere il cambiamento. Farlo sedimentare. Renderlo forte e duraturo. In politica non sempre vincere significa avere ragione. E tu lo sai meglio di chiunque altro.

Se ad un appuntamento elettorale si presenta un giovane, capace e preparato sindaco di provincia contro un discusso dirigente dell’apparato al quinto incarico politico, io non credo che uno valga l’altro. E se è legittimo affermare che il candidato è chi vince, noi abbiamo l’onere di sostenere ciò che fa bene al Pd e al Paese. Non stare a guardare. Perché vedi Matteo, abbiamo sottovalutato la capacità di resistenza delle dirigenze locali al cambiamento. Che certo deve avvenire con processi democratici e partecipati ma che noi dobbiamo supportare. Quante persone che ci hanno accompagnato e sostenuto sono state lasciate sulla porta o addirittura fuori dal Pd? Quanta Leopolda è stata costretta ad una civica nel proprio paese perché il Pd si è chiuso a riccio dalla paura? E ti chiedo, non è anche un nostro problema?

Ci sono ancora troppi potentati locali che resistono. Sia chiaro, le cose si conquistano, ma le contraddizioni sui territori hanno un peso anche sulla credibilità complessiva del Pd.

Sarebbe sciocco pensare che il Segretario da solo, peraltro Presidente del Consiglio, possa seguire da solo il partito. Hai una responsabilità immensa, in un momento tra i più drammatici della storia italiana, europea e mondiale. Per questo serve una squadra forte, con un mandato pieno e riconosciuto e che possa accompagnare processi virtuosi sui territori. Tranquillo, non mi candido e penso che ci siano tante persone autorevoli che possono aiutarti in questo lavoro, in parte anche già presenti nella segreteria nazionale. Ma serve un rilancio profondo che soprattutto non si limiti a tenere l’esistente, ma riesca a tornare ad entusiasmare quella larga parte di società che è stata determinante per iniziare questo percorso.

E poiché questo percorso deve continuare, io farò quello che è nelle mie responsabilità: durante la settimana a Roma a sostenere l’impegno parlamentare e di governo e nei week end a portare gallette e rifornimenti alle truppe nella periferia del Pd.

Cioè dialogo e incontro a chi chiede solo di essere ascoltato e coinvolto, ma che fa paura a chi lo vede come una minaccia se tutto è pensato in funzione di qualche carriera personale.

Nessuna corrente (di correnti che ti sostengono ne hai pure troppe), nessun Rubicone (quello lo varco solo per un bicchiere di Sangiovese), nessun tour di Richetti (di colleghi che fanno iniziative sui territori per fortuna è pieno il Pd). E soprattuto nessun percorso personale. Io un candidato alla segreteria nazionale del Pd ce l’ho già e si chiama Matteo Renzi.

Buon lavoro, ché gli italiani ci aspettano.

Ci vediamo alla Leopolda, con stima, Matteo