“Nel nostro terzo (ex IV) Municipio di Roma, aggregandoci sin dall’inizio delle primarie 2012 per il premier del centrosinistra intorno alle parole chiave della proposta di Matteo Renzi, lo abbiamo sostenuto con entusiasmo.
Quello sforzo organizzativo per Renzi a Roma si concretizzò in sostanza attraverso il lavoro volontario di tante persone normali incontratesi ai gazebo e nei circoli durante le due giornate delle primarie.
A distanza di un anno, con l’arrivo di queste nuove primarie stavolta per la segreteria del partito romano, vengono calate dall’alto delle alleanze e dei candidati, che per storia e modalità rendono queste scelte incomprensibili.
Tuttavia ci adeguiamo, promuovendo anche noi in prima persona un candidato – Tobia Zevi – mettendoci la faccia e sostenendo nei circoli la sua candidatura.
Facciamo più di quanto lo stesso Matteo Renzi faccia per il cosiddetto candidato “renziano” a Roma, poiché Matteo per questa candidatura NON spende una parola, non partecipa ad iniziative pubbliche, non passa nemmeno al comitato in via dei Pianellari nel giorno dell’inaugurazione, che coincide con la visita di Renzi alla delegazione parlamentare.
Queste situazioni non ci sfuggono mentre avvengono, ma preferiamo continuare a lavorare per cercare di non arrecare danno alla corsa di Renzi alle primarie dell’8 dicembre.
Tuttavia pian piano emergono “giochetti” ed “atteggiamenti tattici”, che poco ci piacciono. Si comincia a dare credito a personaggi con cui da anni NON condividiamo alcun ideale politico, strategia, metodi d’azione ed obiettivi.
Sul nostro territorio (quello del III Municipio) emerge chiaramente un’asse politico strategico e tattico fra Zevi e Cosentino, che ci taglia fuori dalle scelte in alcuni dei circoli ed – anzi – ci mette in difficoltà, esponendoci ad attacchi politici strumentali che, più o meno indirettamente, si ripercuotono sul nome di Renzi.
Quello che accade non è causa di una nostra volontà nel voler rappresentare una primogenitura nel sostegno a Renzi, questione di cui non c’è nemmeno bisogno di discutere perché acclarata dai fatti e dalla storia politica di questi ultimi anni, bensì per l’incoerenza nei metodi e nei valori usati da chi ha avuto il compito di coordinare e gestire la mozione a sostegno di Zevi e di conseguenza di Renzi. Questa incoerenza è stata talmente marchiana da provocare una reazione spontanea da parte di iscritti, che avevano già votato convintamente Matteo Renzi alle primarie precedenti.
Per questa ragione succede che un gruppo di iscritti decide allora di ribellarsi a questo metodo, feriti dall’impotenza con cui si sono consumati obbrobri in nome di Matteo Renzi.
Si ribellano perché lo riconoscono questo metodo uguale a quello che combattono nel Partito Democratico attuale e che vogliono rottamare.
La motivazione è la salvaguardia dell’azione territoriale in vista delle primarie per la segreteria, poiché infine ciò che ci distingue da coloro che nel partito hanno sempre utilizzato questi mezzi è l’essere ancora credibili, perché noi vogliamo essere ancora credibili.
Questo atto di disobbedienza pacifica e civile ci porta a far eleggere due nostri delegati (Renziani dichiarati nei metodi e nei comportamenti) con un’altra mozione, perché appare ormai evidente come stia evolvendo il congresso e a quali risultati si arriverà con la strategia suicida adottata dalla mozione.
Avevamo talmente ragione che prima dell’apertura dell’assemblea romana del Pd i candidati di Cosentino e Giuntella sono stati convocati da Cuperlo per trovare un accordo in vista delle primarie, per massimizzare il suo risultato su Roma.
A questo ennesimo atto sfrontato ed evidente, si è deciso di rispondere votando Cosentino segretario e lasciando scheda bianca sul nome di Giuntella. Quasi che il sostegno dei due a Cuperlo sia differente e mancando completamente il senso della battaglia vera da combattere.
Cosa è uscito dal congresso romano in realtà.
Che oltre il 70% del partito sosterrà Cuperlo alle primarie, mentre i Renziani sono relegati ed umiliati ad un misero 15% (che siamo convinti Renzi saprà moltiplicare).
A far ancor più comprendere gli errori di metodo e di sostanza, ci sono le numerose assenze nella delegazione ufficiale della mozione Zevi in assemblea romana. Aggravata ulteriormente dalla scelta scellerata di NON far partecipare alla riunione di mozione, i due delegati renziani eletti a Castel Giubileo.
Ci chiediamo e chiediamo a voi: ma l’appartenenza alla mozione Zevi conta di più del sostegno a Matteo Renzi ?
Sembra persino retorico ribadire cosa voglia dire per iscritti e simpatizzanti sapere che le due massime cariche del partito romano, segretario e presidente dell’assemblea, siano state entrambe assegnate a figure che hanno già espresso il proprio sostegno ufficiale a Cuperlo.
Sono questi i risultati che l’area renziana a Roma poteva ottenere?
O invece si poteva fare di più, soprattutto in preparazione delle primarie nazionali?
Siamo convinti di si, soprattutto se si avesse avuta la volontà di far esprimere i territori, le persone nei circoli, mettendo in campo candidature più credibili e rifiutando appoggi che in alcuni casi hanno persino fatto perdere consensi.
Noi crediamo che il disastro compiuto in nome di Renzi, perché non sapremmo definirlo diversamente, sia da ricercare soprattutto nel METODO sbagliato che è stato usato o sarebbe meglio dire non agito.
I territori che NON sono stati coinvolti nelle scelte – laddove hanno cercato di farsi sentire – sono stati mortificati e silenziati.
A Via dei Pianellari siamo stati INSULTATI. All’assemblea romana siamo stati CACCIATI.
Chiediamo a tutti voi se questi sono i cambiamenti che auspicavate quando vi siete convinti che sia possibile una rivoluzione renziana nel partito romano, e – a salire – in quello nazionale.
La cosa che più ci ha preoccupato e fatto soffrire è stata anche la mancanza di democrazia nei momenti subito successivi alla fine dei congressi.
Quando tutti sapevano che si stavano compiendo le scelte, le decisioni e le alleanze per il futuro del PD, nessuno ha voluto convocare una riunione dei delegati di Zevi/Renzi.
Perché ci chiediamo? Un candidato debole, senza il sostegno esplicito di Renzi, è stato utile solo per impedire a Cosentino di superare la soglia del 50%, in modo da dimostrare come non fosse autosufficiente e quindi affermando la forza dell’altra area all’interno dei cuperliani. Ottenuto il risultato, Giuntella fa il presidente dell’assemblea e per Zevi sarà ritagliato il ruolo connesso ai suoi 30/60 delegati.
Cosa c’entri questo con Renzi non lo abbiamo capito.
Siamo qui a scervellarci per trovare le motivazioni di questo sfacelo che porterà di nuovo Roma in mano agli strateghi del PD, che imporranno lo stile bersaniano/cuperliano, unici in tutta Italia in compagnia dell’Enna di Crisafulli.
Siamo qui a chiederci se potevamo fare di più di quello che abbiamo fatto, se dovevamo dirlo a più persone, più forte, fregandocene di quelli che dicevano che “così si fa del male a Renzi”.
Perché – scusatemi – ma questa storia deve finire. Se devo mettere la mia faccia per chiedere il voto per Renzi, allora devo anche essere in grado di spiegare ALMENO le alleanze sul territorio, e – nel caso in cui queste siano ritenute necessarie dalla mozione Renzi – ci deve essere un tavolo democratico dove discuterle prima, per evitare frizioni deleterie nel territorio.
Un sorriso e un augurio di buon lavoro a tutti”
Silvia Di Stefano, segretaria del Circolo PD di Castel Giubileo-Settebagni
Facendolo nostro, abbiamo riportato integralmente il coraggioso intervento-denuncia che Silvia ha svolto alla riunione di coordinamento romano dei Comitati Renzi tenutasi giovedì 14 novembre in Via dei Cerchi 75.
In questo congresso romano, nel nostro piccolo come Adesso! Roma 3 abbiamo fatto “tana” ai “bersaniani” che opendemocraticamente saliti sul “carro” di Matteo Renzi, anziché spingerlo, hanno subito pensato bene di importare ed imporre i loro vecchi metodi e logori comportamenti politici, proprio quelli che Matteo vuole rottamare e di cui nelle stesse ore ne rivendica giustamente il “cambia verso” pubblicandone info-grafiche sul suo sito.
Uno dei fondamenti della democrazia – anche a garanzia della sua efficacia e trasparenza – necessita dell’assunzione responsabile ed alternativa, tra chi vi compete, del ruolo di governo per chi vince e di controllo per chi perde.
L’evocazione “unitaria” in nome dell’ “emergenza di turno” è diventato l’alibi sistematico delle devastanti modalità consociative e compromissorie che in questi ultimi decenni hanno inquinato e degradato la politica, i partiti e l’Italia.
Noi partecipiamo alla sfida dell’8 dicembre per “cambiare radicalmente verso” a questa pessima politica.
Quale credibile ed autentica forza rinnovatrice di sé stesso può rappresentare oggi il partito romano ?
Partito che è nella gran parte delle sue ramificate ed incancrenite componenti di potere, palesemente corresponsabile del disastro politico ed organizzativo di questi anni, nel quale le voci autenticamente critiche e libere – non espressione di strumentali rivendicazioni puramente correntizie – si possono veramente contare sulle dita di una o due mani …
Un partito verticistico che si scompone tatticamente al momento congressuale per esprimere 4 candidature apparentemente alternative tra di loro – ovviamente TUTTE in nome della bandiera del RINNOVAMENTO, ma tutte di fatto cimentate a cercare voti prevalentemente con le stesse vecchie e logore dinamiche …
Un partito che poi, subito dopo il voto, torna a mortificare ogni vera dialettica democratica, ricompattandosi in acclamazioni e voti praticamente unanimi, rende evidente la finalità strumentale di tutto il percorso, puramente finalizzato alla conta interna per il riposizionamento nel potere di controllo dell’apparato.
Appare anche banale evidenziare l’equazione logica per cui “Tutti responsabili = Nessuno Responsabile” e quindi anche “Tutti Rinnovatori = Nessuno Rinnovatore”.
All’Assemblea Romana di mercoledì 13 la presidenza ha messo in votazione per alzata di mano l’elezione di Claudio Cosentino, ma poi, anziché procedere alla conta dei contrari e degli astenuti, ha inteso forzatamente proclamare l’elezione per acclamazione.
Questa modalità non ha consentito l’espressione dei voti in dissenso, come lo erano i nostri.
Tutti, quindi, ufficialmente anche i “renziani”, hanno quindi acclamato Cosentino … e ci domandiamo perché ?
Non comprendendolo nell’interesse del nome di Matteo e – soprattutto – del suo/nostro progetto di “cambiare verso” alla politica e al Pd … possiamo almeno dire … “noi no!“.
Ed è un “No” chiaro e deciso, anche se isolato, perché pensiamo che questo modo di “fare politica” non porti lontano questo Pd romano.
Carlo d’Aloisio