Leopolda 2011 – i 100 punti del Big Bang

I 100 punti del Big Bang

Leopolda 2011 – i 100 punti del Big Bang

tema 1 – RIFORMARE LA POLITICA E LE ISTITUZIONI

1. Basta con il bicameralismo dei doppioni inutili. Cominciamo dalla testa. Il Parlamento, la sede della rappresentanza in cui si riflette la sovranità popolare, è oggi tra le istituzioni più denigrate e discreditate, anche perché è inefficiente. Quasi mille componenti e due camere che fanno lo stesso mestiere, entrambe titolate a dare e togliere la fiducia al Governo, con due serie di Commissioni che operano sulle stesse materie, due filiere dirigenziali, doppie letture su tutte le leggi, non hanno nessuna giustificazione. Una delle due camere va semplicemente abolita. Ne basta una sola, veramente autorevole, composta da non più di 500 persone. Al posto dell’attuale doppione serve un organo di raccordo tra lo Stato e i governi regionali e locali che possa anche proporre emendamenti a qualsiasi proposta di legge su cui la Camera elettiva si esprime in ultima istanza a maggioranza qualificata.

2. Le elezioni diano potere ai cittadini non ai segretari di partito. Per ridare autorevolezza al Parlamento bisogna innanzitutto abolire il “Porcellum”, l’attuale legge elettorale che consente la nomina dei parlamentari da parte delle segreterie dei partiti, tornando ai collegi uninominali.

3. La politica non sia la via breve per avere privilegi e una buona pensione. Aboliamo tutti i vitalizi per i Parlamentari e i Consiglieri regionali. La politica torni a essere assolvimento di un dovere civico e non una forma di assicurazione economica. Le risorse spese per i singoli Parlamentari devono essere portate alla media europea, distinguendo nettamente le indennità dalle risorse messe loro a disposizione per l’esercizio dell’incarico, che devono essere amministrate dagli uffici del Parlamento.

4. Un costo standard per le Regioni. Oggi i Consigli delle varie Regioni hanno costi sproporzionati, che variano moltissimo senza nessuna giustificazione. Non sono legati alla dimensione dei territori che i Consigli dovrebbero rappresentare e nemmeno al numero dei loro componenti. Si va dai 35 milioni di euro dell’Emilia-Romagna agli oltre 150 milioni di euro della Sicilia. I consiglieri regionali devono avere un compenso e, chiaramente distinto da questo, un budget per le attività di servizio uguali in tutte le regioni. Deve essere definito il “costo standard” per il complessivo funzionamento delle assemblee legislative regionali fissandolo ad un valore compreso tra gli 8 e i 10 euro annui per abitante.

5. Abolizione delle province. Più di 100 province non ce le possiamo permettere. Vanno abolite. Nei territori con almeno 500.000 abitanti si può eventualmente lasciare alle Regioni la facoltà di istituire enti di secondo grado per la gestione di funzioni da loro delegate.

6. L’unione fa la forza: mettiamo insieme i piccoli comuni. I comuni sono il vero pilastro dell’amministrazione tra i cittadini, ma 8100 sono troppi, e tanti tra loro troppo piccoli per gestire i servizi che dovrebbero erogare. Mantenendo salvi i presidi locali e la rappresentanza dei centri minori, dovrebbero raggiungere attraverso unioni o fusioni una dimensione minima di 5.000 abitanti.

7. I partiti organizzino la democrazia, non siano enti pubblici. Il finanziamento pubblico va abolito o drasticamente ridotto e in ogni caso commisurato al solo rimborso delle effettive spese elettorali, condizionandolo al fatto che i partiti abbiano statuti democratici, riconoscano effettivi diritti di partecipazione ai propri iscritti e selezionino i candidati alle cariche istituzionali più importanti con le primarie. Favorire il finanziamento privato sia con il 5 per mille, sia attraverso donazioni private in totale trasparenza, tracciabilità e pubblicità.

8. Azzerare i contributi alla stampa di partito. Con internet, chiunque può produrre a costo zero il suo bollettino o il suo house organ. I contributi alla stampa di partito vanno aboliti.

9. Le camere di commercio regolino il mercato, non siano imprese. Le camere di commercio dovrebbero limitarsi a tenere il registro delle imprese, garantire il mercato e non spendere soldi nella promozione, nell’acquisto e partecipazione nelle imprese, nella formazione e quant’altro non sia missione pubblica di regolazione. Inoltre bisogna portare la democrazia nella scelta dei consigli direttivi. Gli organi di governo delle camere non siano nominati dalle associazioni, ma siano eletti liberamente e direttamente dalle imprese. Anche chi non è iscritto alle associazioni ha diritto di scegliere chi governa le camere di commercio. Il tributo delle imprese sia volontario non obbligatorio.

10. Il consiglio inutile. Il CNEL, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è un organo di rilevanza costituzionale, propone sostanzialmente pareri agli organi costituzionali, puntualmente ignorati. Istituito nel 1948, è entrato in funzione solo dieci anni dopo, trasformandosi rapidamente in una riserva per burocrati, in primis ex leader sindacali e imprenditoriali. In mezzo secolo, le sue proposte di legge sono state appena undici (11). Di queste nessuna ha mai avuto seguito o è stata seriamente considerata. Costa venti milioni di euro l’anno. Va abolito.

11. Meno poltrone, più efficienza. Nel Paese ci sono 24.310 consiglieri d’amministrazione in aziende partecipate dal pubblico, al livello statale e locale. In tre anni bisogna dimezzare il numero dei consiglieri e la relativa spesa, sia accorpando le imprese sia privatizzandole, oltre che prevedendo un massimo di tre consiglieri per le aziende piccole e cinque per quelle grandi.

12. Gli altri costi della rappresentanza. Anche le organizzazioni degli interessi (dai sindacati alle organizzazioni imprenditoriali) devono tornare a concentrarsi sulla loro funzione più propria: difendere i diritti dei loro associati. Quindi, le agevolazioni pubbliche di cui godono vanno commisurate alle effettive funzioni di rappresentanza che svolgono.

13. Eliminiamo la classe politica corrotta. Lo strumento è una amnistia condizionata. Al rispetto di 5 punti: ammissione della colpa, indicazione di tutti i complici, restituzione del maltolto, impegno a non fare più politica. In caso di nuovo reato, la pena si somma a quella del reato oggetto dell’amnistia.

14.  Razionalizzare le missioni italiane all’estero. Definire una strategia di coordinamento della presenza militare all’estero in pieno accordo (e non in competizione) con l’Europa, per essere di maggior aiuto alle popolazioni e razionalizzare il costo d’intervento.

15. Una strategia per il Mediterraneo in trasformazione. Siamo il paese europeo più vicino a una fascia di nazioni, dall’Egitto alla Libia, dalla Tunisia alla Siria, che sta vivendo un periodo tumultuoso nel quale la speranza della libertà si mescola con la paura di arretrare sul piano della libertà religiosa e della laicità dello stato. L’Italia dedichi una speciale attenzione a questi paesi aprendo sedi di istituti italiani di cultura, approfondendo gli scambi economici e culturali; offrendosi come un paese che può aiutarli nel passaggio alla democrazia.

16. Cambiare la Rai per creare concorrenza sul mercato tv e rilanciare il Servizio Pubblico. Oggi la Rai ha 15 canali, dei quali solo 8 hanno una valenza “pubblica”. Questi vanno finanziati esclusivamente attraverso il canone. Gli altri, inclusi Rai 1 e Rai 2, devono essere da subito finanziati esclusivamente con la pubblicità, con affollamenti pari a quelli delle reti private, e successivamente privatizzati. Il canone va formulato come imposta sul possesso del televisore, rivalutato su standard europei e riscosso dall’Agenzia delle Entrate. La Rai deve poter contare su risorse certe, in base ad un nuovo Contratto di Servizio con lo Stato.

17. Fuori i partiti dalla Rai. La governance della Tv pubblica dev’essere riformulata sul modello BBC (Comitato Strategico nominato dal Presidente della Repubblica che nomina i membri del Comitato Esecutivo, composto da manager, e l’Amministratore Delegato). L’obiettivo è tenere i partiti politici fuori dalla gestione della televisione pubblica.

tema 2 – FAR TORNARE I CONTI PER RILANCIARE LA CRESCITA

18. Portare il rapporto debito/Pil al 100% in 3 anni. La crisi di fiducia nell’Italia sui mercati internazionali accresce i tassi d’interesse e il peso del debito, che si trasforma in maggiori tasse per tutti. Per alleggerire questo peso e ridare fiducia ai mercati dobbiamo riportare il rapporto tra il debito e il Pil al 100% in tre anni. Questo puo’ essere fatto attraverso: i) privatizzazione imprese pubbliche; ii) privatizzazione municipalizzate; iii) alienazione di parte del patrimonio immobiliare dello Stato (il valore di mercato degli immobili di proprietà pubblica è di 380 miliardi; di questi sono ci sono immobili liberi per un valore di 42 miliardi di euro. Questi ultimi, essendo inutilizzati, possono essere venduti subito. Sul resto si veda quello che serve effettivamente al servizio pubblico e l’eccedenza sia liberata e venduta. Creazione di un fondo immobiliare che si occupi della valorizzazione degli asset). iiii) imposta sui grandi patrimoni. Non solo questo riduce il debito, ma elimina gli spazi per il clientelismo.

19. Riformare le pensioni per avere ancora le pensioni. Sulle pensioni si può, fin da subito, parificare l’età pensionabile delle donne con quella degli uomini, instaurando una finestra anagrafica unica di 63-67 anni per accedere al pensionamento con assegno proporzionato alla speranza di vita secondo coefficienti attuariali aggiornati annualmente. Accelerare il passaggio al sistema contributivo per tutti. Eliminazione delle pensioni di anzianità nell’ambito di un patto tra le generazioni. Parte dei risparmi ottenuti andrà utilizzata per finanziare l’azzeramento dei contributi previdenziali per i giovani neo-assunti.

20. Nuove regole per evitare il cumulo delle pensioni.

21. Una rivoluzione copernicana per il fisco. Per tornare a crescere bisogna modificare il sistema degli incentivi. Oggi, il nostro Paese tassa i fattori produttivi e premia la rendita. Quel che serve è una rivoluzione copernicana del sistema fiscale che riduca la pressione sul reddito personale e sulle imprese e la accresca sugli immobili e sulle rendite finanziarie.

22. Abolizione dell’IRAP. Finanziare l’abolizione dell’imposta con il taglio dei sussidi alle imprese.

23. Uscire dal sommerso. Ridurre l’aliquota dell’IRES per le imprese che accettano procedure di accertamento rapido e maggiore trasparenza sui bilanci. Questo riduce gli incentivi ed aumenta i rischi a mantenere un’attivita’ nel sommerso.

24. Le procedure per la crisi d’impresa come leva per la competitività del sistema. Gli imprenditori corretti danno lavoro e creano ricchezza per tutti, ma rischiano in proprio. Possono vincere e possono perdere. Quando perdono, vanno incoraggiati a gestire la crisi nel migliore interesse dei creditori e dei lavoratori. Occorrono regole che premino la correttezza e la trasparenza dei comportamenti e che consentano alle imprese che ancora producono ricchezza di ristrutturarsi e tornare sul mercato, nell’interesse di tutti. L’attuale normativa pone non pochi ostacoli agli imprenditori onesti ma sfortunati, e consente talvolta comportamenti opportunistici a danno dei creditori. Occorrono procedure moderne, che proteggano l’imprenditore in crisi ma lo obblighino a mettere tutte le carte in tavola, e che consentano ai creditori di decidere rapidamente. Procedure di crisi più efficienti aumentano la competitività del paese e la sua credibilità per gli investitori, anche stranieri.

25. No ai condoni. Nessuno condono edilizio né fiscale, neppure travestito da scudo per il rimpatrio dei capitali.

26. Riformare gli ordini professionali. Bisogna abolire gli ordini professionali superflui e ricondurre i rimanenti a una funzione di regolatori del mercato e non di protezione corporativa per quanti esercitano già la professione. Bisogna arrivare all’abolizione delle tariffe minime e ulteriore riduzione dei vincoli alla pubblicità per gli studi professionali, in maniera tale che tutti abbiano la possibilità di farsi conoscere.

27. Liberalizzare i servizi pubblici locali. I servizi pubblici locali sono un monopolio d’inefficienza; bisogna liberalizzare i servizi, accorparli in poche società, abbassare i costi di gestione, ottimizzare l’uso del personale, rendere le gestioni trasparenti, allontanare la politica dalle decisioni aziendali.

28. Antitrust obbligatorio. Sarebbe importante che le funzioni dell’autorità per la concorrenza si manifestassero non solo ex post, una volta che il fenomeno di violazione della concorrenza è già manifesto e acclarato, ma anche nel momento in cui le leggi sono discusse. E’ evidente che l’impianto di alcune leggi costituisce una menomazione della concorrenza e questo lo si può osservare già nel meccanismo astratto della norma, prima ancora di osservarne gli esiti concreti. Occorre perciò che nella discussione in Parlamento delle leggi di natura economica venga richiesto obbligatoriamente un parere all’autorità sulla concorrenza, in maniera che sia evidente la sua coerenza con l’obiettivo di non creare chiusure e barriere alla libera competizione di mercato.

29. Liberalizzare le assicurazioni su infortuni e malattie. Le attività svolte dall’Inail, il monopolio pubblico che si occupa dell’assicurazione per le malattie e per gli infortuni dei lavoratori svolge una funzione tipica di qualunque società di assicurazione privata. Bisogna allora aprire all’accesso dell’attività di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro da parte di imprese private di assicurazione o di riassicurazione.

30. Ridurre il numero delle norme. Le leggi statali in Italia sono oltre 21mila. È un numero troppo elevato, doppio o triplo rispetto a quello di altri paesi: in Francia sono meno di 10mila, quelle federali in Germania meno di 5mila. Alle leggi statali vanno aggiunte le circa 25mila leggi regionali, oltre agli atti normativi di livello inferiore. Le leggi e i regolamenti sono troppi, prodotti di continuo e modificati troppo frequentemente, poco coordinati tra loro, mal scritti, interpretati in modo incerto. Si pensa che i problemi si risolvano attraverso la modifica delle norme, piuttosto che la loro applicazione puntuale. Il disegno di legge 1873 del 2009 dimostra che il contenuto essenziale del diritto del lavoro può essere concentrato in poche decine di articoli, scritti per essere distribuiti in milioni di copie a tutti i lavoratori, imprenditori e consulenti e immediatamente comprensibili. Lo stesso si può fare in tutti gli altri campi, dal fisco al diritto civile.

31. Mettere in competizione il pubblico con il pubblico. L’alternativa nella gestione di servizi non può essere solo o pubblica o privatizzata; è possibile creare una competizione fra una scuola e l’altra, fra sistema sanitario di un’area e sistema sanitario di un’altra area; tra un’università e l’altra, insomma all’interno di ciò che rimane pubblico. Quando l’offerta di un servizio pubblico specifico è al di sotto non solo della media, ma degli standard previsti per quel settore, bisogna trovare il modo di penalizzare il responsabile della struttura o addirittura la struttura nel suo complesso. Allo stesso modo, quando in uno specifico servizio, sia per il modo in cui il servizio viene condotto, sia per i risultati ottenuti, la situazione è di grande eccellenza bisognerà trovare il modo di premiare, economicamente e non solo con riconoscimenti, i responsabili e le strutture medesime. Le valutazioni siano fatte facendo partecipare e decidere i cittadini che utilizzano i servizi.

32. Una Delivery Unit sul modello UK. Valutare non basta. Bisogna istituire una “unità di risultato” presso la Presidenza del Consiglio, che sia responsabile del raggiungimento degli obiettivi strategici in materia di istruzione, sanità, trasporti e lotta alla criminalità.

33. Dirigenti a termine nelle aziende pubbliche. Nelle aziende i dirigenti a vita non esistono: ogni anno c’è un bilancio da fare, risultati da raggiungere, verifiche da realizzare. I contratti non sono mai a tempo indeterminato, vanno solitamente da tre a cinque anni e ogni conferma presuppone una verifica positiva. Nel pubblico i dirigenti, anche se falliscono, rimangono lo stesso nell’amministrazione, al massimo sono spostati e se falliscono ancora, vengono spostati ancora e girano nell’amministrazione fino alla pensione. L’incarico dirigenziale nell’amministrazione pubblica è una sfida ancora più grande rispetto a quella privata e perciò l’ambizione rispetto ai risultati deve essere maggiore. La proposta perciò è di avere contratti dirigenziali che durino cinque anni.

34. Mezzogiorno: investire solo sullo sviluppo. Ogni euro investito nel Mezzogiorno, provenga dall’Europa o dallo Stato, deve essere finalizzato allo sviluppo e non al finanziamento della spesa corrente e al mantenimento di un sistema di economia assistita quasi esclusivamente pubblica e parassitaria.

35. Superare il precariato attraverso il contratto unico a tutele progressive. Per superare il dualismo del mercato del lavoro, che vede parte dei lavoratori con tutte le garanzie e gli altri (i giovani) senza nessuna garanzia, occorre introdurre un contratto unico a tutele progressive che dia maggiori certezze ai giovani.

36. Riformare gli ammortizzatori sociali. Bisogna passare dalla cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, a indennità di disoccupazione universali, applicabili anche ai dipendenti di piccole e medie imprese e improntati al criterio del welfare to work sul modello danese.

37. I contratti aziendali contro i salari poveri. Oggi i lavoratori italiani ricevono un salario mediamente più basso rispetto a paesi a noi vicini come la Germania e la Francia. Un modo per avere salari più alti per i lavoratori italiani è quello di sostenere i contratti aziendali che possano, quando le condizioni aziendali lo permettano, crescere oltre quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro.

38. Aliquote rosa. L’Italia ha la più bassa percentuale di occupazione femminile d’Europa. Anche il tasso di attività femminile, cioè il numero di donne che si presenta sul mercato del lavoro, è il più basso. Un’agevolazione fiscale riservata all’assunzione delle donne e per un certo congruo numero di anni può portare a riallineare in alto la parità uomo donna sul piano del lavoro.

SANITA’

39. Immediata introduzione di un patto di stabilità interno non derogabile sui parametri dei costi standard. Lo scopo è quello di uniformare la spesa sanitaria nelle diverse realtà locali.

40. Completa riorganizzazione della medicina sul territorio: radicale cambiamento del ruolo della medicina di base. Abolizione dell’attuale ruolo del medico di medicina generale. Creazione di ambulatori polispecialistici sul territorio. Consorzio dei medici di Medicina generale.

41. Far lavorare in “rete” gli ospedali per le terapie di urgenza, ad alto costo, tecnologicamente sofisticati. Ciascuno caratterizzato da una propria peculiarità. Razionalizzazione dei servizi. Occorre riservare l’ospedalizzazione dei pazienti solo nei casi in cui effettivamente sia necessaria.

42. Chiudere tutti gli ospedali con meno di 100 posti letto e che non abbiano un servizio di anestesia e rianimazione aperto 24 ore su 24. Questi dovrebbero essere ospedali per pazienti cronici a lunga degenza a bassa intensità di cure ma a basso costo. Dovrebbero essere di supporto agli Ospedali ad alta complessità e alto costo, i quali dovrebbero esclusivamente gestire la fase acuta e poi inviare a strutture con costi ridotti. Ne consegue anche la necessità di un’assistenza domiciliare efficace e ben coordinata. Nei grandi ospedali bisogna cancellare i doppioni, la moltiplicazione dei reparti ad alto costo e ad alta tecnologia creati solo per moltiplicare i ruoli direttivi.

43. Creazione di percorsi diagnostici terapeutici su base regionale. Lo scopo è stabilire procedure e comportamenti comuni rispetto ad una data patologia e in parallelo gestire e organizzare l’offerta delle diverse prestazioni sanitarie.

44. Esternalizzare, ma non per pagare di più. In via generale le esternalizzazioni aziendali servono sia per assicurare un servizio migliore rispetto a quello interno, sia per ridurre i relativi costi. Succede in sanità che l’esternalizzazione dei servizi troppo spesso si traduce non in un risparmio ma in un incremento dei costi, tanto che costa di più l’infermiera “esternalizzata” della infermiera interna. Allo stesso modo troppo spesso i beni e servizi acquistati dalle aziende sanitarie, hanno prezzi medi addirittura superiori a quelli di mercato, mentre sarebbe del tutto ovvio pensare che, dato l’ammontare delle quantità acquistate, si possano ottenere prezzi più bassi. inoltre l’esternalizzazione è troppo spesso gravata da attività professionalmente scadente. Occorre in questo caso strutturare e controllare l’iter formativo individuale

RICERCA

45. Un fondo nazionale per la ricerca gestito con criteri da venture capital. Istituire un fondo nazionale per la ricerca che operi con le modalità del venture capital e sia in condizione di finanziare i progetti meritevoli al di fuori delle contingenze politiche. Il fondo sarà gestito un comitato esecutivo in carica per almeno 7 anni, costituito per 1/3 da professori impegnati nella ricerca a livello internazionale, per 1/3 da membri della comunità finanziaria esperti di project finance e venture capital, e per 1/3 della Comunità europea.

46. Incentivi fiscali per contributi alla ricerca universitaria. Detrazione dalla base imponibile del 905 di quanto donato alle università e tassazione agevolata per chi investe negli spin-off universitari.

GIUSTIZIA

47. Una terapia d’urto per la giustizia civile. Oggi l’Italia è intrappolata in oltre 5 milioni di cause civili pendenti presso i tribunali. Occorre assolutamente ridurre in tempi rapidissimi lo stock di cause arretrate, oltre che stabilire norme che rendano meno premiante il ricorso alla giustizia come modalità di rinvio di un pagamento o di una qualunque obbligazione. Si crei una task force composta da magistrati in pensione e da giovani avvocati per affiancare i giudici in carica nello smaltimento in tempi veloci dell’arretrato giudiziario civile.

48. Avvocati pagati solo su preventivo. Al fine di evitare effetti discorsivi dell’applicazione delle tariffe sulla lunghezza dei processi, obbligo di stipulazione di un mandato che comprenda anche il preventivo per lo svolgimento dell’intero incarico, a prescindere dalla durata del procedimento. Ciò consentirebbe di incentivare gli avvocati ad una più rapida conclusione delle cause.

49. Entri (più spesso) la corte. Riduzione a 30 giorni della sospensione dell’attività giudiziaria (20 giorni in estate, 10 giorni nel periodo natalizio). Oggi è sospesa dal 1° agosto al 15 settembre, perciò per 45 giorni. Prevedere lo svolgimento delle udienze anche nel pomeriggio in maniera da accelerare i tempi della giustizia.

50. Accorpamento delle sezioni giudiziarie staccate. Riduzione dei costi degli uffici giudiziari mediante un’organica riforma delle circoscrizioni giudiziarie con accorpamenti delle sezioni distaccate (attualmente sono 220) mantenendo solo quelle che hanno ragione di essere quando il Tribunale circondariale è veramente lontano.

51. Entri l’informatica nel tribunale. Completamento dell’informatizzazione di tutti gli uffici giudiziari anche per il deposito di atti e per estrarre copia di atti di controparte, documenti prodotti, sentenze, con abolizione dei borbonici depositi cartacei e delle marche da bollo, con evidente risparmio di tempo di tutti gli operatori.

52. Il merito in tribunale. Valutazione dell’attività dei magistrati; stipendio in parte collegato alla produttività; maggior controllo e maggiori responsabilità in caso di errori conclamati. Avanzamento di carriera per merito e non solo per anzianità.

53. Giustizia penale nei tempi giusti. Accorciare i tempi medi delle sentenze. Ogni corte d’appello si ponga l’obiettivo di ridurre in un anno del 10 % i tempi di svolgimento medio dei processi. Modernizzazione dei tribunali che seguano le buone pratica di Torino, Trento e Bolzano. Semplificazione dei processi e riduzione dei riti (oggi se ne contano 34) con abbreviazione dei tempi per ottenere la sentenza e certezza di esecuzione della stessa.

tema 3 – GREEN, DIGITAL, CULTURA E TERRITORIO: LE NUOVE LEVE DELLO SVILUPPO

54. Le città rinnovabili. Coinvolgere le amministrazioni cittadine nel raggiungimento degli obiettivi europei di riduzione delle emissioni, assegnando obbiettivi alle grandi aree urbane e ai comuni. Parte degli incentivi per le energie rinnovabili sarà destinata ai piani cittadini per le campagne d’introduzione delle tecnologie eco-efficienti (caldaie di nuova generazione, finestre a isolamento termico), della mobilità sostenibile e degli impianti solari e micro-eolici.

55. Incentivi rinnovabili. Annullamento degli incentivi alla produzione elettrica “inquinante” (carbone e inceneritori), e loro impiego delle rinnovabili “vere”. Gli incentivi rinnovabili non saranno impiegati solo per l’installazione d’impianti: ci si concentrerà anche sulla ricerca e sulla creazione di una vera filiera industriale. Si punterà di più sulle tecnologie ancora in sviluppo, come il solare a concentrazione (in alternativa al fotovoltaico) o il vento d’alta quota.

56. Ammodernare la rete elettrica e il mercato per ridurre il costo della bolletta. Definire ed eseguire un piano d’interventi infrastrutturali e regolamentari, con budget e priorità, per ridurre i costi elettrici per le famiglie e le imprese. Le bollette saranno più chiare e leggibili, di modo che il cittadino possa scegliere il fornitore di elettricità che offra le migliori condizioni, e senza costi per il cambiamento.

57. I rifiuti da problema a risorsa. Più raccolta differenziata (imporre ai Comuni 50% entro il 2015 e 70% entro il 2020) ma non fine a se stessa: incentivare, anche attraverso la leva fiscale, il riutilizzo dei materiali differenziati, il compost, le materie per produrre nuovi oggetti.

58. Agribusiness italiano. Incentivare nuove imprese dell’agribusiness. Tutelare il prodotto agro-alimentare nel mondo, contro i falsi prodotti “italian sounding”, al fine di recuperare fette di mercato che spettano ai prodotti della nostra terra.

59. Non auto blu, ma auto verdi. Obbligare tutte le amministrazioni pubbliche ad acquistare solo auto a basso consumo via via che le attuali, a benzina o diesel, devono essere sostituite.

60. Puntare su internet. Accesso a internet veloce per tutti attraverso investimenti sulla banda larga e facendo saltare gli assurdi vincoli legislativi che ci hanno relegato agli ultimi posti della classifica di Freedom House.

61. E&Open Government. Un piano nazionale per digitalizzare i servizi pubblici e ridurre la burocrazia. Adottare un piano complessivo per digitalizzare i servizi pubblici e gestire meglio il welfare, l’educazione, la giustizia, la sanità, i trasporti, la sicurezza. L’Italia deve replicare le migliori esperienze europee nei progetti di eGovernment, per ridurre burocrazia e costi, mettendo i cittadini al centro del servizio. Per le imprese, i servizi digitali aiuteranno a ridurre le incombenze burocratiche.

62. Mai meno dell’1 %. Il Governo decida di investire l’equivalente dell’ 1 % del Pil italiano per la cultura.

63. La funzione civile del bello. Restituire ai cittadini di oggi l’arte del passato. Il patrimonio artistico diffuso nel Paese è un bene comune che ci unisce, sancito anche dall’articolo 9 della Costituzione. Concretizziamolo attraverso il recupero di una minima parte dell’evaso – basta il 4 %.

64. Defiscalizzare i contributi per la cultura. Occorre al più presto che sia defiscalizzato ogni contributo delle aziende e dei privati a favore della cultura. Al solo ruolo pubblico bisogna aggiungere anche quello privato se si vuole rigenerare la cultura italiana.

65. Autonomia ai musei. Oggi la maggior parte dei musei non ha nessuna autonomia rispetto al Ministero dei beni Culturali in fatto di dipendenti (numero, compenso, inquadramento). I musei non incassano gli introiti dei biglietti, che vanno direttamente sul bilancio pubblico nazionale, non possono differenziare i prezzi dei biglietti. Bisogna fare in modo che ciascun museo possa rappresentare un’unità economica in senso pieno: raccogliere gli introiti, pagare le spese relative alla gestione del museo, sia pure riconoscendo delle royalties al ministero dei Beni Culturali.

66. Un’agenzia internazionale per i musei italiani. Mobilitare risorse per la cultura attraverso un sistema analogo a quello istituito in Francia per i diritti internazionali dei musei.

67. Coordinare il marketing turistico. Il nostro Paese va trattato come è un “prodotto” turistico unitario. Non possiamo lasciare alle Regioni le competenze esclusive di promozione, alimentando una scoordinata frammentazione delle attività di marketing turistico. Affidare allo Stato il compito di coordinare le politiche regionali e di sviluppare le attività di comunicazione complessiva.

68. Rivisitazione delle competenze delle Soprintendenze. Oggi, nell’emergenza della conservazione del patrimonio culturale e del paesaggio, le funzioni di tutela sono totalmente esercitate dallo Stato, e risultano appesantite dall’obbligo di intervento su questioni di assoluta ordinarietà. Le Soprintendenze vanno per queste focalizzate sulle azioni più rilevanti per la tutela, lasciando l’attività ordinaria ai Comuni che garantiscano livelli organizzativi adeguati

69. Una sola voce per la cultura italiana all’estero. Fondere gli Istituti di Cultura italiana all’estero con i Centri linguistici – Dante Alighieri e altri – sul modello dei Goethe Institute tedeschi.

70. Ambasciatori per la globalizzazione. E’ sempre più necessario che le ambasciate italiane nel mondo, oltre a svolgere le funzioni diplomatiche, sempre meno essenziali da quando la comunicazione diretta tra i governi ha reso più facile il dialogo tra gli stati, assumano un ruolo di aiuto per le imprese italiane che competono sui mercati del mondo

71. Scegliere le grandi opere che servono davvero Rivedere il piano delle infrastrutture alla luce di criteri di valutazione economica. Puntare sulle (poche) grandi opere che servono e soprattutto sulle tante piccole e medie opere delle quali il Paese ha davvero bisogno.

72. Semplificazione delle norme sulle gare d’appalto. Aumento della soglia al di sotto della quale si possono indire procedure negoziate e procedure semplificate. Emanazione dell’obbligo di presentazione del DURC da parte di soggetti privati all’amministrazione interessata che dovrà acquisirlo per via telematica. Abolizione dell’arbitrato negli appalti pubblici e congruo indennizzo alla stazione appaltante in caso di ricorso immotivato.

73. Liberalizzazione del trasporto pubblico regionale. Bisogna incrementare l’offerta di mobilità ferroviaria su base locale, favorendo la liberalizzazione dei servizi. Le Ferrovie dello Stato sono infatti sempre più concentrate sul trasporto ad alta velocità mentre rimane l’esigenza di avere trasporti ferroviari locali frequenti ed efficienti.

tema 4 – DARE UN FUTURO A TUTTI

74. Istituire gli “affitti di emancipazione”. Sul modello spagnolo, vengono istituiti gli “affitti di emancipazione” per i giovani che escono di casa. Si tratta di approntare un’offerta pubblica di “housing”, di appartamenti da dare in affitto a un prezzo ragionevole e per un tempo limitato ai giovani che cercano di uscire di casa, che vogliono sposarsi e non trovano casa, che si muovono dalla propria residenza per motivi di lavoro.

75. Consentire a tutti gli studenti universitari di finanziarsi gli studi e le tasse. Obbligo per le Università di stabilire accordi con almeno tre banche (di cui almeno una locale e almeno una nazionale) per i finanziamenti agli studi universitari, garantiti da un fondo pubblico di garanzia.

76. Premio ai laureati meritevoli da investire in formazione. I laureati con 110 e lode e la media ponderata superiore al 28,5 ricevano un bonus di 2.000 euro da investire in formazione, in Italia o all’estero, in
programmi di studio riconosciuti.

77. Regolamentazione dei contratti di lavoro per gli studenti. Introduzione di un contratto di lavoro per studenti universitari o di scuole di formazione, per un massimo di 32 ore al mese, con minimo salariale e assegnazione di crediti formativi (se il lavoro è attinente al corso di studi, in base alle valutazioni delle facoltà).

78. Cominciare giovani, cominciare bene. Cominciare sin da giovani a coltivare la cultura del rischio d’impresa, mettere in pratica le idee che maggiormente appassionano, provare a creare ricchezza sin da giovani è un valore non solo materiale, ma anche etico per il nostro paese. Bisogna allora che i giovani imprenditori siano agevolati nel loro spirito di costruirsi un futuro in maniera autonoma e in una maniera tale che accresca la ricchezza del paese. La proposta è di favorire le imprese che nascono da persone fisiche con meno di 40 anni (che controllino almeno l’ 85% del capitale): la nuova società si crea e si registra con un unico atto a costo fisso di 1.000 euro e per i primi tre anni ha diritto a una gestione contabile estremamente semplificata e garantita dai Centri Servizi a un costo fisso (1.000 euro l’anno). Le persone fisiche che investono nella nuova impresa anno diritto alla defiscalizzazione parziale (50 %) dei capitali investiti. Per i primi tre anni l’impresa non ha alcun carico fiscale e per i successivi tre anni la tassazione sugli utili sarà parificata all’aliquota oggi vigente per i proventi finanziari (20 %).

79. Diritto di voto a 16 anni. Permetterebbe di immettere circa un milione di giovani elettori nel processo politico, abbassando l’età media del corpo elettorale più anziano del mondo.

80. Valutare le Università e sostenere quelle che producono le ricerche migliori. L’Italia spende per l’università e la ricerca meno dei grandi paesi con cui dobbiamo confrontarci, ma questo non è il solo problema. Il reclutamento dei ricercatori è spesso viziato da logiche familistiche e clientelari. Le risorse vengono disperse tra centri di eccellenza e strutture improduttive. Anche in questo campo si devono introdurre meccanismi competitivi. I dipartimenti universitari che reclutano male devo sapere che riceveranno sempre meno soldi pubblici. Deve essere chiaro che chi recluta ricercatori capaci di farsi apprezzare in campo internazionale ne riceverà di più. È un risultato che si può ottenere usando indicatori quantitativi sulla qualità della ricerca prodotta e il parere di esperti internazionali autorevoli e fuori dai giochi. L’obiettivo è avere una comunità scientifica meno provinciale, che esporta idee e attrarre talenti.

81. Distinguere tra università eccellenti nella ricerca e università che offrono una buona formazione. Non tutte le Università possono essere centri di eccellenza in tutti i settori. Alcune non lo sono in nessuno. Ma non tutte per questo vanno chiuse. Le risorse per la ricerca avanzata e per i corsi di dottorato, finalizzati a formare i ricercatori di domani, devono andare dove vengono spese meglio. In tanti altri casi le Università possono svolgere una funzione formativa ugualmente fondamentale. Anche questa però può e deve essere valutata, usando indicatori oggettivi, insieme ai giudizi degli studenti.

82. Abolizione del “valore legale” del titolo di studio. Introdurre nei concorsi della Pubblica Amministrazione criteri di valutazione dei titoli di studio legati all’effettiva qualità del percorso formativo dei candidati.

83. Restituire prestigio e reddito agli insegnanti capaci. Ossia rivedere radicalmente le modalità di reclutamento e di retribuzione degli insegnanti, sulla base di criteri legati alla competenza e al merito.

84. Eliminare la formazione che serve solo ai formatori. Esiste un’offerta molto ampia di corsi di formazione professionale che vivono solo per mantenere in vita le organizzazioni che organizzano i corsi senza nessun beneficio pubblico. Spostare le risorse da questo ambito in altri dove possono produrre benefici reali e aiutino il paese a riconquistare posizioni nell’economia della conoscenza.

85. Ebook per tutti. Moltissimi libri sono liberi dai diritti d’autore, in pratica lo sono tutti i classici della letteratura italiana. L’invenzione degli ebook ha eliminato i costi di stampa e di distribuzione di un libro e, nel caso specifico, non essendoci diritti d’autore, neppure questa voce di spesa è presente. I costi sono soltanto legati alla accessibilità su web dei titoli e l’organizzazione del loro downloading. Il Ministero della Pubblica Istruzione, con spesa molto contenuta, potrebbe offrire la disponibilità degli e-readers a titolo gratuito a tutti gli studenti e promuovere una diffusione simile, a basso costo, anche dei libri di testo.

86. Inglese sin da piccoli. Portare l’insegnamento dell’inglese ad almeno 5 ore settimanali in tutte le classi a partire dalla scuole elementari. È interesse del Paese che la padronanza dell’inglese sia diffusa, visto che la gran parte della letteratura scientifica, del commercio internazionale, dei prodotti multimediali parlano con quella lingua.

tema 5 – PER UNA SOCIETA’ SOLIDA E SOLIDALE

87. Introdurre il quoziente famigliare. Fa parte della realtà italiana che la famiglia sia il luogo di raccolta non solo della solidarietà ma anche dei redditi. Si ricalcolino le aliquote fiscali considerando il quoziente familiare. A parità di reddito paghi meno la famiglia con più componenti.

88. Detrazione della spesa famigliare. Dare la possibilità alle famiglie di detrarre dal calcolo del reddito imponibile totalmente (o parzialmente) alcune voci di spesa legate all’educazione, alla conduzione della casa, all’assistenza per gli anziani. Dovrebbe ogni anno essere emanata una lista delle spese specifiche che possono essere detratte in occasione della dichiarazione dei redditi. In questo modo si crea un conflitto tra chi paga il servizio e chi riceve il compenso che favorirà l’emersione di pratiche d’acquisto in nero molto diffuse in questi ambiti.

89. Una regolamentazione delle unioni civili. La legge deve assicurare pieno riconoscimento alla coppia dal punto di vista contributivo e assistenziale. Ciascun convivente può beneficiare dell’assicurazione sulla malattia del compagno e l’unione conferisce gli stessi diritti del matrimonio in materia di cittadinanza.

90. Promuovere la natalità. Il declino delle nascite in Italia è stato in questi anni molto accentuato: nel 1975 nascevano 2,2 bambini per ogni donna e oggi siamo a 1,4, quasi un figlio in meno per ogni famiglia. L’Italia è oggi il posto dove nascono meno bambini al mondo. Occorre determinare un vantaggio per la famiglia che accoglie i figli dal secondo in poi. Per ogni nascita del secondo figlio va previsto un assegno annuale di quattro mila euro per i primi due anni. Abbattimento della base imponibile dei primi 10.000 euro di reddito derivanti dal lavoro delle mamme con figli sotto i 3 anni.

91. Adozioni internazionali. Più controlli sugli enti autorizzati, anche da parte della magistratura, e anche attraverso verifiche dell’operato di tali enti in rapporto ai costi sostenuti. Ciò al fine di ridurre gli attuali pesanti oneri economici degli adottanti.

92. Più Nidi e Asili d’infanzia. Collocare i Nidi e gli Asili d’infanzia sotto la competenza del Ministero dell’Educazione. Uniformare a livello nazionale la legislazione regionale sul rapporto metri quadri/bambini ed educatore/bambini.

93. Progetto DAVID per la sicurezza stradale. DAVID sta per Dati e analisi; Aderenza alle regole; Vita ed educazione; Ingegneria; Dopo la violenza. Partito da Firenze, DAVID è un modello di metodo esportabile ovunque: si mettono insieme i dati degli incidenti di un Comune (quanti incidenti, dove avvengono, le cause, quali controlli e dove vengono fatti, quanti e quali corsi vengono fatti nelle scuole per la formazione, quale assistenza viene fornita alle famiglie che hanno subito un lutto, qual è lo stato delle strade ecc), per creare un ‘profilo’ degli scontri e finalizzare un piano preciso di intervento. A livello mondiale gli incidenti incidono per l’1,5% sul Pil, mentre la spesa per la prevenzione continua ad essere irrisoria: DAVID ribalta la visione.

94. Adozione dello jus soli. E’ un fatto elementare, addirittura fondamentale negli Stati Uniti: chiunque nasca in Italia è Italiano. Questo risolve alla radice ogni valutazione di ordine discrezionale, ogni aspetto burocratico e sancisce il principio che la terra dove si nasce non è irrilevante, ma è fondante dell’identità.

95. Immigrazione intelligente. Occorre stabilire una politica attiva e molto dettagliata nei confronti dell’immigrazione legale. Si stabilisca un piano nel quale siano definite le competenze professionali che è più urgente per il Paese acquisire e si aprano le porte a queste competenze, da valutare nelle ambasciate e nei consolati italiani nel mondo.

96. Regolare? Permesso veloce. Coloro che hanno bisogno di un permesso di soggiorno perché hanno un lavoro regolare, spesso aspettano parecchi mesi prima di avere il permesso e devono usare un titolo di soggiorno provvisorio, il quale però non permette loro di acquisire un mutuo o di accedere a altre attività che ne stabilizzino la residenza nel nostro paese. Gli immigrati che hanno un lavoro regolare rappresentano una forza e non un pericolo per il paese.

97. Far diventare legge il 5 per mille. Il 5 per mille deve diventare legge, un diritto per contribuenti e volontariato, non più un favore. La stabilizzazione eviterebbe alle organizzazioni il quadro di incertezza regolativo ed economico. Il 5 per mille è il mattone primo di sussidiarietà reale e perciò anche fiscale.

98. Un secondo 5 per mille: tassare le transazioni finanziarie per sostenere le organizzazioni no profit. La proposta è già stata presentata dalla Commissione Europea, ed è venuto il momento di approvarla: la TTF genererebbe 55 miliardi di euro all’anno a sostegno delle attività del terzo settore e avrebbe il significato di riportare la finanza al servizio dell’economia reale e del cittadino.

99. Servizio civile obbligatorio. Un tempo di servizio agli altri coincidente con la maggiore età, della durata di 3 o 6 mesi. I contenuti ed i processi adeguati a gestirlo sono una responsabilità del terzo settore che deve inventarsi anche forme per sostenerlo e finanziarlo.

100. Sequestrare più rapidamente, gestire meglio immobili, patrimoni e aziende. Durante la fase che porta un bene immobile alla confisca definitiva (da 6 a 10 anni) bisogna consentire l’affidamento temporaneo ai soggetti sociali, in attesa della definitiva confisca. L’aggressione dei patrimoni finanziari delle mafie può avere effetti analoghi alla lotta all’evasione, essendo stimato il fatturato annuo di “mafie spa” in 150 miliardi di euro. Le aziende sotto sequestro vanno sostenute nell’impatto con il mercato, formando amministratori giudiziari specializzati, incentivando la riconversione in cooperativa di dipendenti e consentendo nella fase di start up di accedere a forme di fiscalità di vantaggio e abbattimento del costo del lavoro come quelli previsti dalla legge 407. Non sarebbero minori introiti per lo Stato poiché oggi solamente un’azienda confiscata su mille riesce a sopravvivere.

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… per "richiamare la POLITICA alla sua missione: essere lo STRUMENTO attraverso il quale i Cittadini DECIDONO del proprio FUTURO”