Già con il programma delle Primarie 2012, Matteo ci aveva affascinato e convinto del suo progetto di ampia prospettiva anche per la sua ben delineata visione della politica: “richiamare la Politica alla sua missione: essere lo strumento ATTRAVERSO il quale i Cittadini DECIDONO del proprio futuro”… insomma una visione radicalmente dal basso, responsabilizzante, partecipativa e deliberativa.
A noi “renziani impegnati dalla prima ora” ma soprattutto a quel milione e passa di persone che lo hanno votato, Matteo ha trasmesso la sua “forza” soprattutto per la credibilità di questo preambolo, testimoniato nello specifico delle tante idee coerentemente così rappresentate.
Le premesse per la “rivoluzione democratica del cambiamento” erano quindi già evidenti per la sostanziale differenza dal modello rappresentato e rivendicato da Bersani “la Politica deve essere più sobria. disposta a fare sacrifici e a riconoscere autonomia e spazio alla società civile”, cioè una visione possibilista, statica, tatticistica, platealmente dall’Alto verso il basso, alla quale siamo tradizionalmente e tristemente abituati e che di fatto ha determinato la frattura ed il distacco dei Cittadini dalla “res publica”.
Anche l’ormai storico concetto di “rottamazione” non è stato uno slogan occasionale – solo dai più maliziosi strumentalmente associato ad un fatto anagrafico – ma la sintesi semantica della necessità di superare modalità vetero-incancrenite e conservative di una diffusa distorta cultura di “fare la politica”.
In questi mesi, Matteo ha continuato a delineare la sua prospettiva ed a rappresentarla con coerenza e con felici sintesi espressive ad ogni occasione; vale veramente la pena ripercorrerne alcune, esternate anche di fronte al processo tuttora in atto della corsa a “salire sul carro” …
La mia forza ? Se io riuscirò non a farmi appoggiare dagli “amici” o dagli “amici degli amici”, ma se io riesco a portare le energie migliori.
il Pd in questi anni ha sofferto di una malattia, il correntismo, dove tutti erano importanti sulla base della corrente che appoggiavano; invece io penso che il Pd sia di coloro che vogliono che l’Italia torni a correre.
Gli “amici degli amici” sono una categoria di Facebook. Io, se mi riesce di vincere, metterò non i più fedeli, ma i più bravi.
Se c’è un motivo per cui prendo i voti è perché non ci siano “loro” .
Perché non faccio la foglia di fico … O noi ci mettiamo insieme creando un gruppo dirigente nuovo e proviamo a cambiare il Pd per cambiare l’Italia, oppure la foglia di fico non serve !
Dobbiamo cambiare noi, se vogliamo cambiare l’Italia.
Tutti possono salire sul carro, basta che tutti si mettano a spingerlo.
Amico di tutti, ma schiavo di nessuno.
Il concetto, quindi, è che la politica è si fatta anche di numeri, ma dietro ad ogni numero c’è un nome, una persona, con il suo valore, con ciò che rappresenta come storia e come progetto.
Da qui anche la sostanza della campagna di Matteo per questa nuova straordinaria sfida: “diamo un nome al cambiamento, diamo il nostro nome al cambiamento” !
Questo vuol dire assumerci le nostre responsabilità, superare le nostre paure, le nostre a volte abitudini ad aspettare che le cose accadano, che qualcun’altro le faccia o le dica per noi, invitarci ad essere protagonisti della nostra idea di politica, confrontarci tra di noi, saperla condividere e fare squadra !
Oggi ci ritroviamo in tanti, sempre di più a voler sostenere Matteo l’8 dicembre.
E questo è già bellissimo in sé. L’anno scorso eravamo considerati come “pecore nere” marginalizzate in un contesto che spesso ci era piuttosto ostile, al limite – a volte oltre – dell’intolleranza democratica, stigmatizzati come infiltrati neo-berlusconiani o, nella migliore delle ipotesi, approcciati con affettuose pacche sulle spalle, ammettendo simpatia ma non “contestualità storica” del progetto che rappresentavamo.
In questi mesi abbiamo assistito – anche grazie o per colpa dei boomerang (per noi preannunciati) di questo Pd “storto” che hanno accentuato ed accelerato la sua crisi – ad una progressiva “conversione” di valutazioni di persone in buona fede, con belle storie politiche alle loro spalle, a volte anche a vere “messe in discussione personali” che meritano tutto il nostro rispetto umano e politico, come anche però di sfacciati avvicinamenti di personaggi il cui “curricula” in termini di stile politico è ben conosciuto alle cronache.
Per questo abbiamo il dovere, anche per onestà intellettuale, di tenere molto alta l’asticella della credibilità.
Non è questione di essere “renziani doc” o “eroi della prima ora” per meritarsi il riconoscimento del diritto di rappresentanza del cambiamento che vogliamo.
E’ questione di essere capaci e di voler testimoniare nel praticarlo il termine “renziano” non come sostantivo, ossia come identificativo di appartenenza ad un gruppo (o peggio “corrente”), ma – come anche rivendicato da Oscar Farinetti alla Leopolda – quale aggettivo qualificante, neologismo ed espressione comune, di un nuovo metodo trasparente, partecipato e condiviso di essere e fare politica !
Un comportamento radicalmente antitetico all’eredità storica del modello “bersaniano” (con tutto l’affetto per PierLuigi).
Per questo, ben venga sul “carro” chiunque se la senta di “spingere”, per fare finalmente bella la politica, per rigenerarne il valore, in un reale spirito paritario.
Ognuno che ne sia lealmente convinto, ne sia anche vigile e coraggiosa sentinella verso chi – magari anche tra di noi – ripercorrendone le vecchie consuetudini, farà solo finta di farlo !
Carlo d’Aloisio Mayo
Romano, classe 1960, imprenditore artigiano, appassionato della politica del fare, democratico e radicale; sostenitore di Renzi dalle Primarie 2012, convinto che per cambiare l’Italia in Europa ed in meglio occorra un vero “Partito Democratico”; coordinatore di Open Pd Adesso!, promotore del Manifesto-Appello “#Adesso Liberiamo il Pd!“, tra gli entusiastici fondatori di “Adesso! Roma 3”.
articolo pubblicato il 18 novembre 2013 su “Ateniesi“