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Adesso Liberiamo il Pd Roma dalle Correnti ! (o almeno proviamoci)

Nel dicembre 2014 il Pd Roma viene COMMISSARIATO per fare fronte alla degenerazione che il sistema trasversale delle CORRENTI aveva prodotto nel Partito – sistema purtroppo di fatto CONDIVISO (perché anche l’omertà è connivenza) dal comportamento conformista della grande maggioranza degli Iscritti: Circoli fantasma, Tesseramenti fasulli, Congressi fittizi, Debito Milionario, Assenza di Democrazia e di Rispetto delle Regole, Cordate di Spartizione di ogni Potere, Opposizioni poco Politiche e  molto Consociative in Comune e nei Municipi, … tutti fatti e fenomeni che erano sotto gli occhi di tutti, dai più giustificati endemici, praticati dai dirigenti per perseguire il proprio orticello, tollerati dagli iscritti per assecondare i propri referenti … da pochi (molto pochi) denunciati ad ogni occasione … ed infine generatori di scandalo (un po’ ipocrita) solo con l’emersione giudiziaria del malaffare di Mafia Capitale

… insomma il peggio che un Movimento Democratico poteva dare di sé … e che è culminato – dopo le lotte intestine anche per le rivendicazioni su Assessorati e incarichi di Potere – con l’epilogo del Sindaco Marino, scelto dai Cittadini con Primarie Democratiche e Libere Elezioni e DIMESSO d’ufficio, senza alcun dibattito pubblico, con un atto notarile eseguito da tutti i Consiglieri Comunali eletti con i Voti degli elettori del Partito Democratico (tra i quali una degli attuali candidati, Valeria Baglio), … uno dei fatti più anti-politici che si potessero concepire e attuare, con l’effetto di produrre il crollo definitivo della Credibilità Democratica del Pd, aprendo politicamente la strada alla sconfitta elettorale e all’affermazione – per demeriti altrui più che propri – di Virginia Raggi e del suo Movimento …

Solo un anno prima, nel dicembre 2013, si era concluso l’ultimo Congresso che aveva visto contrapporsi 4 candidature  – Lionello Cosentino, Tommaso Giuntella, Tobia Zevi, Lucia Zabatta – tutte espressioni delle diverse correnti in campo, … apparentemente l’un contro l’altra agguerrite per contarsi (ma anche spartirsi) i voti nei Circoli … e poi invece convergere all’Assemblea elettiva per condividere e acclamare (quasi) all’unanimità (399 su 400) la nuova Segreteria con Lionello Cosentino segretario e  Luciano Nobili vice-segretario. La Segreteria che solo 12 mesi dopo verrà rimossa con l’insediamento del commissario Matteo Orfini.

Bene. Lo stesso Matteo Orfini ha più volte evidenziato come il suo incarico si sia reso necessario proprio per far fronte ai danni prodotti dalle logiche degenerative che le Correnti-Lobbies portano in sé.

Se si crede veramente determinante Cambiare Verso al Metodo per cambiare in meglio, lo si deve cominciare a perseguire con i fatti e testimoniarlo con i comportamenti, favorendo processi che disintermedino il potere – non diversamente regolamentabile – delle correnti-lobbies …

Ad esempio, dopo 2 anni e mezzo dovevano essere introdotte regole sane che garantissero il non ripetersi dei fenomeni insani sulle modalità di presentazione delle Candidature: fissare un termine stretto di pochi giorni per proporre la propria Candidatura (con un numero minimale di firme a sostegno) e poi prevedere alcune settimane per consentire di svolgere dibatti nei Circoli e raccogliere le firme sulle candidature. Per le correnti-lobbies sarebbe stato un po’ più problematico condizionare le scelte fino all’ultimo …

E invece no. Si è assistito al solito balletto della ricerca infinita di accordi di caminetto, con l’epilogo – non trovando l’intesa (ma questo era nelle probabilità) di esprimere 3 candidati – Andrea Casu, Valeria Baglio, Andrea Santoro – in prossimità della scadenza dei termini e di riuscire a raccogliere per ciascuno oltre 500 firme in pochissime ore … Quale è il valore democratico di queste candidature ? Quale è il dibattito nel Merito ? Quale è il senso del rinnovamento democratico di questo modo di procedere, condizione invece indispensabile per rigenerare la credibilità e quindi il consenso ?

L’unico a perseguire un Metodo innovativo, mettendoci la faccia e candidandosi subito … senza aspettare di essere candidato da “altri” è stato Livio Ricciardelli. Ha girato i Circoli per settimane, ha ascoltato e discusso di Politica, ha raccolto le Firme.

Livio, nel suo piccolo, ha Cambiato Verso al Metodo sbagliato che ha devastato il #PDRoma in questi anni.  Perché dopo 2,5 anni di commissariamento solo Livio ha avuto il coraggio di farlo ? Vogliamo ripartire con il film già visto ?

Nessuno degli iscritti romani è stato veramente messo in grado di partecipare a confronti e approfondimenti per formarsi una libera opinione sulle proposte di Merito Politico di tutti e 4 candidati; ci siamo tutti di fatto fermati al Metodo, condiviso o meno, con cui si sono o sono stati candidati: indipendentemente o rispondendo ad una logica di filiera di appartenenza …

Ora si Vota per il Congresso Romano.

Chi vuole esprimere un Voto Politico per liberare il #PdRoma dalla logica perversa delle Correnti-Lobbies sostenga Livio Ricciardelli con il proprio Voto Libero.

#CambiaVerso #CredibilitàDemocratica #EnergieAlternative #SenzaCorrente 

Ballottaggio Roma: Consenso vs. Dissenso !

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Roma è dal 1870 la Capitale dell’Italia. Ma dell’immensa nomea storica che l’ha resa in oltre 2000 anni la Città “Caput Mundi”, da capitale del più grande impero della storia a sede del Feudo temporale della più grande religione dell’umanità … sembra aver ereditato – senza nemmeno saperle oggi valorizzare troppo bene – solo straordinarie architetture, opere di arte e di patrimonio culturale. Una ricchezza quindi soprattutto statica, eterea, museale, speculativa, tutt’altro che fermento di vitalità sociale capace di rigenerarsi.

Ammesso che vi sia mai stata, considerando che per oltre 20 secoli Roma è stata governata pressoché solo da poteri autoritari – dai Re agli Imperatori, dai Papi finanche al Duce – nonostante la sua grandezza storica, oggi la Polis, il valore civico della comunità, la responsabilità sociale diffusa è percepibilmente inconsistente ed evanescente.

Le responsabilità sono della politica di chi ha malgovernato Roma in questi ultimi decenni, che oltre ad amministrare (più male che bene, visti i debiti consolidati) non ha saputo andare oltre un vacuo quanto sterile tentativo conservativo, piuttosto che invece saper concepire una visione di futuro per la Città, perseguendo lo sviluppo di un moderno processo partecipativo che favorisse la crescita di valori civici e culturali e di anti corpi realmente democratici.

Ma la responsabilità è anche di chi ha votato questa politica e questi politici. O per connivenza o per conformismo acritico e di appartenenza, come anche di chi si è astenuto dal votare per ignavia a volte anche mascherata da presunzione di superiorità, non votando alternative o non proponendosi come tale.

Le ragioni sono in quella infinita trama di poteri e sottopoteri corporativi, pagani e religiosi, che animano diffusamente quanto contraddittoriamente il tessuto sociale “romano”, almeno dall’inizio del secolo scorso.

Lobby opache che in un complesso incastro di piccoli interessi hanno via via strutturato il castello di un consenso viziato, nel quale la perversa logica del controllo con i mezzi del “potere” di poche migliaia di preferenze – complice anche della intrigata cooptazione della macchina amministrativa e di corpi intermedi pseudo rappresentativi – si è abilmente posizionata e sovrapposta a quella del voto dei più, determinando la classe dirigente che ha governato e controllato questa Città.

Oggi, il M5* coagula – legittimamente e comprensibilmente – la gran parte del dissenso verso tutto questo sistema, raccogliendo un consenso significativamente superiore alla sua media nazionale, frutto quindi, certamente anche di un apprezzabile lavoro civico di ascolto e di progettazione territoriale (che sono e dovrebbero essere per tutti i veri metodi del Fare Politica), ma certamente al di sopra dei suoi specifici meriti sul campo, in quanto, appunto, prevalentemente effetto della capacità di catalizzare la sommatoria dei demeriti altrui.

Al consenso/dissenso in tal modo raccolto, Virginia Raggi vedrà probabilmente sovrapporsi al ballottaggio anche quello di chi, non rinunciando al diritto/dovere del voto, andrà a votare nuovamente per esprimere una preferenza prevalentemente motivata da ragioni “contro” appartenenze competitor, piuttosto che “per” specifiche progettualità.

Progettualità per la Città nelle quali il M5* ad oggi, rendendosi conto delle enormi difficoltà da affrontare, naviga con estrema prudenza, forse anche insicurezza e certamente condizionato coraggio; tatticismo dovuto dalla necessità di andare a scoprire come realmente funziona la macchina amministrativa.

Gli attivisti penta stellati non scendono però dalla Luna; sono Cittadini come noi tutti, che hanno vissuto i pregi e i difetti di questa Città, ognuno per la propria parte e come tali vanno giudicati per quello che dicono e per quello che dimostrano di saper fare o meno.

Come in ogni nuova comunità che si affaccia sulla scena, le possibilità di contaminazione e inquinamento sono endemiche. La differenza e l’immunità dai rischi, non possono però anche in questo caso essere una pregiudiziale né ideologica né autoritaria; possono essere garantite solo dal Metodo con cui ci si organizza e si lavora.

In questo, il centralismo personalizzato in Grillo e nella Società di Casaleggio – e rivendicato nel “Movimento” come ruolo di “garanzia” – rappresenta paradossalmente una contraddizione in termini di democrazia; esprimendo e “comunicando” un valore di effettivo “autoritarismo”, per alcuni è letto come ragione rassicurante (chi “sbaglia” o anche solo “forse sbaglia”, paga subito! qualsiasi sia lo “sbaglio”, senza contraddittorio e senza appello), mentre per altri è comprensibilmente percepito come arrogante ed inquietante limite oggettivo al pluralismo dialettico e relazionale, valore basico di un reale sistema democratico. Il concetto monocratico del presuntivo “solo noi siamo onesti” è eticamente e storicamente inaccettabile.

Dall’altra parte il radical-democratico Roberto Giachetti, della cui qualità e integrità personale e politica parla la sua storia e che in questi mesi ha svolto una campagna significativamente innovativa e qualitativa in termini di metodo, praticando l’ascolto diffuso sul territorio e sviluppando una progettualità ampia, innovativa e partecipata.

Un lavoro Politico finalmente vero, serio e concreto, questo sì da extra terrestre rispetto ai format a cui siamo stati abituati e che hanno ridotto il Pd romano nello stato di commissariamento vegetativo, dopo essere stato la terra dei fuochi di una parte (non tutta) di alcune delle vicende di malaffare emerse e mediaticamente etichettate come Mafia Capitale.

Fenomeni deviati riconducibili nient’altro che ad una delle molteplici e solo più recenti forme con cui per decenni si è sviluppata la connivente Mafiosità Partitocratica del Sistema, generando il disastro della Città, come tutte le ragioni del dissenso oggi diffuso.

Per Roberto Giachetti, partito perdente, tre mesi di lavoro fatto bene, rischiano comunque di non bastare per ricostruire un consenso maggioritario devastato nell’immaginario comune da anni di inadeguatezze; ogni suo voto conquistato è certamente frutto del suo lavoro.

Non molti saranno poi i voti a suo favore derivanti da una pregiudiziale verso il M5*. In fondo il luogo comune del “tutti gli altri non sono stati capaci, proviamo con loro” trova le sue ragioni nella più spontanea semplificazione popolare.

Lo statuto del Partito Democratico è fondativo di un soggetto che aspira ad essere tale, ma, almeno a Roma, questo ancora non è accaduto; il lavoro di Giachetti potrebbe averne prefigurato il nuovo scenario, certamente però tutto ancora da costruire.

Per far tornare a far vivere Roma, chiunque vinca (e vinca il migliore !), occorre comunque che vincano le ragioni del Consenso per – non quello delle appartenenze tout court, ma quello capace di generare e favorire scelte responsabili e partecipate – rispetto a quelle del più facile, mediocre e sterile Dissenso contro“.

Carlo d’Aloisio Mayo

Favole politiche del terzo millennio: Romolo e Remo

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Il 19 giugno a Roma si svolgerà il ballottaggio per il nuovo sindaco di Roma. Anche se tutti credono che detto ballottaggi sarà tra Roberto Giachetti e Virginia Raggi, in realtà il ballottaggio sarà a tre. Ma chi è il terzo contendente?…

Il suo nome è Romoletto Ignavone …

Quest’ultimo sarà il sicuro vincitore perché avrà una maggioranza di circa il 55% degli aventi diritto al voto.

Ignavone Romoletto è il capo del partito degli ignavi che se ne fregano della politica, degli altri, e pensano solo a se stessi ed ai propri interessi, e quindi ben si guardano del perdere una ora della loro vita per andare a votare, … per loro …. parole come la solidarietà, la collettività, il prossimo…sono termini sconosciuti del vocabolario.

Il Tempio della Leopolda, questo nostro gruppo socio politico, poi, per loro. è solo una casa di cura per dementi mentali.

Per costoro Roberto Giachetti o Virginia Raggi sono solo persone avventurieri che pensano a fare i loro interessi e quelli di una certa casta e mirano solo al proprio prestigio individuale.

Fin dai tempi lontani Dante Alighieri, nella sua famosissima opera: “L’eterna umana commedia” scelse tali ignavi come protagonisti di tutti i secoli passati, presenti e futuri. Se l’uomo è un essere sociale, che si sottrae ai suoi doveri verso la società, non è degno, secondo la riflessione dantesca, di alcuna considerazione … Romoletto Ignavone sarà il sicuro vincitore del ballottaggio …

Egli però al momento di indossare la fascia tricolore del sindaco di Roma, erede dopo 2751 anni di Romolo, farà un passo indietro ed allora toccherà al secondo arrivato l’onore e l’onere di quella fascia, per governare Roma dopo 2751 dalla sua fondazione.

Quì finisce la favola … e dal 20 giugno comincerà la nuova realtà.