… in effetti sulla storia infinita del Canone RAI … nei decenni il “potere” si è bello che involuto ed imbrigliato … pur di conservarne lo status quo del controllo clientelare e partitocratico:
– un canone per definizione è la remunerazione periodica di un servizio …
– ogni servizio deve essere misurabile e verificabile … ed in genere fruibile on demand …
– un servizio pubblico per essere “obbligatorio” deve esserlo a maggior ragione … (altrimenti si configura il MinCulPop) … quindi deve avere regole e governance di garanzia per tutti …
– un canone (fino a poco tempo fa si parlava di “abbonamento RAI”) che diventa tassa non è più un canone …
– una tassa che ha bisogno di rincorrere forme diverse per mascherarsi ed insinuarsi (come in una bolletta della luce) evidentemente è una tassa poco credibile …
– ma cosa si intende per “servizio pubblico” ? fare informazione pluralistica ? mi pare che storicamente e documentalmente non ci siamo …
– oggi a fare informazione +/- pluralistica ci sono molti altri soggetti sul mercato … chi più bravo, chi meno … però rappresentano offerte alternative …
– offrire un servizio fruendo di una tassa e poi agire in competizione sul mercato pubblicitario determina certamente una condizione di grave slealtà concorrenziale …
insomma ci sarebbe prima da decidere COSA deve essere la RAI, CHI e COME la deve governare, definire un’offerta credibile … e poi andare a chiedere i soldi o ai cittadini o al mercato pubblicitario …. o magari ad entrambi ma in modalità on demand …
… altrimenti temo che sarà un boomerang.
Carlo d’Aloisio Mayo